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ZONA DI PRODUZIONE: Piemonte, Provincia di Alessandria, Colli tortonesi
UVAGGIO: 100% Timorasso
GRADAZIONE ALCOLICA: 14.5%
DESCRIZIONE DEL VINO:
Colore: paglierino intenso, riflessi dorati in fase di invecchiamento
Odore: complesso di frutti e agrumi, potente quasi arrembante
Sapore: caldo, strutturato con note minerali spiccate.
DA CONSUMARSI ENTRO: Caso non unico, ma di certo non comune nei bianchi italiani, il Timorasso chiede due anni di invecchiamento ed evolve in maniera stupefacente fino a quattro - cinque anni se ben conservato.
COMMENTO:
Questa è la storia, caso emblematico, di un vitigno dimenticato, praticamente estinto e poi riscoperto, pazientemente riprodotto e portato oggi alla celebrità (bastino a riprova i TRE Timorassi con 3 bicchieri sulla guida 2016 “Vini d’Italia” del Gambero Rosso) da un gruppo di vignaioli caparbi e quadrati come solo i piemontesi possono esserlo. Il Timorasso Luigi Boveri è punto di riferimento dell’enologia locale con i suoi tre bicchieri nella guida 2016 del Gambero Rosso!
Il Timorasso, pur essendo ben presente nei vigneti intorno a Tortona sino al 1800, è stato via, via abbandonato dai contadini perché poco produttivo (è affetto, seppur in misura minore, dallo stesso problema che ha reso celebre il Picolit, l’aborto floreale) e troppo sensibile alle malattie tra cui in particolare la botrytis (che invece ha fatto la fortuna, in Francia, del Sauternes). Oggi, seppur su scala ridotta visto che si parla di alcune decine di ettari vitati, il Timorasso è tornato a far parlare di sé, sia sulle guide che sui tavoli dei migliori ristoranti italiani e non, diventando un vero e proprio caso enologico.
Bianco ben strutturato e dalla generosa gradazione alcolica, ma certamente austero, rude e spigoloso in gioventù, ha bisogno di un invecchiamento e successivo affinamento in cantina per esprimersi al meglio tanto che, quasi unico nel panorama enoico italico, il disciplinare di produzione ne vieta la commercializzazione prima di 13 mesi a partire dal primo di novembre successivo alla vendemmia. Tecniche enologiche anch’esse riscoperte come il “battonage”, e cioè la permanenza per alcuni mesi sulle fecce fini, sono state indispensabili per il successo di questo bianco da invecchiamento.
Per quanto riguarda gli abbinamenti, idealmente con portate regionali e locali visto l’indissolubile legame che questo vitigno ha con il territorio, possiamo consigliare l’ampia pletora di antipasti con cui si è soliti in loco aprire le danze, dai peperoni ripieni di tonno e capperi al salame cotto, dalla carne cruda al vitel tonnato, per poi passare agli squisiti Tajarin al burro con una generosa grattata di tartufo, ricercato e nobile ingrediente con cui va a nozze, e, per finire, secondi piatti a base di pesce d’acqua dolce o carni bianche, meglio se accompagnati da salse verdi. Pasta con burro e alici sarà un abbinamento stupefacente. Servire non eccessivamente freddo, intorno ai 12° C.
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